Il 2025 sarà caratterizzato, senza alcun dubbio, dall'inizio del secondo mandato di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti; le politiche della nuova amministrazione rappresenteranno, con ogni probabilità, un momento di discontinuità rispetto a quanto attuato in precedenza durante la presidenza Biden. Se da un lato le attese sul fronte dell'economia non sono particolarmente incoraggianti, con gli annunciati dazi, dal punto di vista geopolitico il rinnovo dei vertici Usa rappresenta una eccezionale opportunità per un cambio di passo nella gestione dei conflitti internazionali, specie di quello tra Russia e Ucraina.
Vediamo di analizzare i possibili impatti di entrambe le tematiche:
- dazi, commercio internazionale e crescita economica: Trump lo ha ribadito più volte in campagna elettorale: "più dazi per tutti" ed è naturale attendersi che, una volta entrato nella stanza dei bottoni, agirà al fine di mantenere la promessa. Tuttavia non va sottovalutato il fatto che l'imposizione di dazi su un ampio spettro di prodotti potrebbe impattare fortemente sui prezzi interni Usa in un momento in cui l'inflazione è ancora percepita come una variabile particolarmente importante dalla classe media americana; per questi motivi i tanto annunciati dazi potrebbero essere circoscritti, almeno in una prima fase, solo ad alcuni settori chiave, lasciando spazio ad eventuali trattative volte ad un riequilibrio dei saldi commerciali con altri mezzi che è in realtà il vero obiettivo degli Usa. È facile prevedere che agli iniziali dazi da parte americana seguiranno risposte analoghe dalle controparti e in generale il commercio internazionale non ne beneficerà così come la crescita economica dei paesi esportatori. Identificare i settori e i paesi che saranno interessati dai dazi sarà determinante per impostare le strategie di investimento sull'azionario, ma l'esercizio non sarà semplice, specie se si considera che ormai le aziende manifatturiere operano con impianti in differenti paesi, impianti che non necessariamente servono i mercati domestici nei quali sono situati (è il caso delle aziende europee con impianti in Messico che servono il mercato Usa e che sarebbero interessate non tanto da dazi verso l'Europa quanto verso il paese centroamericano), potrebbe quindi occorrere tempo per comprendere pienamente gli effetti sui risultati delle singole società quotate.
- conflitti internazionali: anche in questo caso, facendo affidamento sulle promesse elettorali, le soluzioni dei conflitti, specie quello tra Russia e Ucraina, sembrerebbero essere dietro l'angolo. La realtà è sicuramente più complessa ma l'opportunità offerta dal cambio di leadership, se sfruttata con intelligenza, potrebbe portare a rimuovere molte precondizioni che hanno reso finora impossibile il dialogo tra Usa e Russia e aprire una fase nuova. Ovviamente, in caso di accordo che porti ad una qualche forma di pacificazione, sarà molto importante valutarne i contenuti: come verrà garantita la pace, come sarà finanziata la ricostruzione, quale sarà il futuro politico-economico della porzione di territorio ucraino non occupato dalla Russia (ingresso nell'Unione Europea o permanenza in un limbo che lasci aperte eventuali ingerenze esterne) saranno i principali temi che permetteranno di valutare la vera efficacia di qualsiasi forma intesa. Tutto ciò si intreccerà poi con l'impegno militare americano in Europa: un progressivo smantellamento dell'ombrello protettivo Usa, come ha fatto intendere in più occasioni Trump, potrebbe cambiare in modo considerevole il significato di una intesa con la Russia, specie se a quest'ultima fosse lasciato spazio per future rivendicazioni sul territorio ucraino o di altri paesi ex-sovietici. Una riflessione infine per il conflitto in medio oriente: in questo caso l'impegno da parte Usa a porre fine alle ostilità non sembrerebbe essere così forte come nel caso dell'Ucraina ma l'evoluzione delle vicende belliche potrebbe portare comunque al termine delle operazioni per il netto prevalere di una parte (Israele) sui vari confinanti; l'unico vero rischio di aggravamento della situazione potrebbe essere legato ad un allargamento del conflitto all'Iran ma le vicende degli ultimi mesi hanno dimostrato che il paese degli ayatollah è piuttosto prudente su questa prospettiva;
Fine delle guerre militari ed intensificazione di quelle commerciali? Uno scenario sicuramente positivo se si lo si valuta dal punto di vista dei costi umanitari, forse meno se la prospettiva è quella puramente economica ma, quasi certamente, la fine della guerra in Europa potrebbe anche avere impatti positivi indiretti, come un miglioramento del clima di fiducia di imprese e cittadini, che potrebbe essere determinante per una svolta in positivo della crescita nel Vecchio Continente.
Restano poi alcune tendenze di fondo che ereditiamo dal 2024: tra queste la riduzione dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali (che non è detto però che si trasferiscano automaticamente anche sui tassi a lungo termine) e la prosecuzione degli investimenti del PNRR, che proprio nel 2025 dovrebbero raggiungere il picco delle erogazioni, sostenendo l'economia dei paesi maggiori beneficiari (in primi Italia e Spagna).
Quali gli effetti di tutto questo sui mercati? Come al solito ciò che conterà veramente per determinare l'andamento di azioni e bond sarà la quota di notizie inattese: così dazi circoscritti ed una apertura alla trattativa potrebbero essere accolti positivamente mentre un accordo di pace tra Russia e Ucraina non ben congegnato potrebbe essere interpretato negativamente perché esporrebbe ad una riapertura del conflitto nel medio periodo; anche nel 2025 il motto per chi investe sarà quindi "occhi e orecchie aperti e cervello acceso".
Un augurio a tutti i nostri lettori per un 2025 di successo e felicità
C.G.