Non ci sono molti dubbi: il 2020 sarà ricordato come l’anno della pandemia da Coronavirus e di come questa ha impattato sulle vite di miliardi di persone; i termini negativi per descriverla si sprecano ma il mercato azionario non sembra essere dello stesso parere, avendo già ampiamente superato la crisi di marzo ed essendo proiettato da mesi su una ripresa che nella realtà di tutti i giorni sembra invece ancora molto lontana.
Sembra un paradosso: se gli effetti sull’economia dell’emergenza sanitaria sono stati sicuramente recessivi, con una crisi della produzione che interessa praticamente tutte le aree del mondo, diversa è stata la chiave di lettura degli effetti della pandemia sui mercati finanziari. Come in occasione di altri eventi potenzialmente catastrofici, il mercato dopo un iniziale momento di smarrimento, con contestuale esplosione di volatilità, ha iniziato a comportarsi in modo più pragmatico con gli operatori pronti a ragionare su chi avrebbe tratto beneficio dal nuovo assetto che si veniva delineando.
Il risultato di tutto ciò è stato un forte incremento dei titoli dei settori tecnologici che permettevano di continuare da casa molte attività che non si potevano fare più in presenza: così Amazon e Zalando hanno sostituito i negozi di merci e vestiario, Netflix i cinema e le piattaforme di video conferencing come Zoom hanno evitato molti spostamenti per lavoro in treno e aereo.
Allo stesso tempo, per evitare che l’economia tradizionale più esposta alla crisi sanitaria collassasse, si sono attivati Governi e Banche Centrali con uno stimolo congiunto sia fiscale che monetario. Se il risultato sull’economia reale è stato solo quello di contenere in minima parte gli effetti recessivi della pandemia, l’enorme massa di liquidità messa in campo dalle autorità monetarie ha portato benefici quasi immediati sul mercato del debito pubblico, con tassi in forte ribasso e minor onere del debito per i bilanci statali. Un effetto secondario di tutto ciò è stato un ulteriore stimolo al mercato azionario: con i rendimenti dei bond che sono diventati negativi su buona parte della curva, la scelta delle azioni è diventata quasi obbligata (T.I.N.A. ovvero “there is no alternative” è stato lo slogan che ha accompagnato la crescita delle borse nella seconda parte dell’anno).
La pandemia è riuscita poi a fare in modo che si raggiungessero risultati tangibili in un campo dove da troppo tempo ci si sembrava essere arenati: il processo di integrazione europea, con il Recovery Plan (o Next Generation EU) che rappresenta il primo pacchetto di stimolo e modernizzazione delle economie europee finanziato con modalità condivise.
Nella parte finale dell’anno, a seguito delle notizie positive in merito all’approvazione dei vaccini, si è assistito, infine, anche ad una ripresa dei titoli legati all’economia più esposta alla crisi sanitaria con il risultato che il bilancio dei dodici mesi è nettamente positivo per i mercati che vedono una forte presenza di titoli tecnologici, come quello Usa, e non distante dal pareggio per i più “tradizionali” come quello italiano.
Purtroppo l’economia reale non ha risposto così bene come i mercati: entrata in recessione già nel primo trimestre del 2020 ha visto un vero e proprio crollo nel secondo (con perdite a due cifre praticamente in tutto il mondo occidentale) per riprendersi solo parzialmente nel terzo (segno più se confrontata con il secondo trimestre ma pesante segno meno nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente) il saldo finale dell’anno, compreso tra il -9 e il -10% per l’Italia, non ha eguali nel periodo post bellico.
Riassumendo, i mercati non sono distanti dai massimi pre-pandemia (i tecnologici li hanno ampiamente superati), gli stimoli fiscali e monetario sono stati portati alla massima intensità ma l’economia chiuderà l’anno in profonda recessione mentre le prospettive per il 2021 restano incerte anche se i prezzi sembrano scontare i migliori scenari possibili. L’impressione è quella che si siano già sparate tutte le cartucce a disposizione e che, qualsiasi scenario si palesi, siano più gli elementi contro che quelli a favore del trend in corso, ecco alcuni possibili scenari:
- rapida risoluzione della crisi sanitaria con contestuale ripresa dell’economia su ritmi sostenuti (oltre il 5%): ciò renderebbe gli interventi delle Banche Centrali meno urgenti e, in caso di contemporanea ripresa dell’inflazione, potrebbe aumentare la pressione dell’ala più rigorista nei vari istituti per arrivare ad un rapido cambiamento della politica monetaria, con contemporaneo aumento dei tassi di interesse. Venendo a mancare il sostegno di acquisti di titoli legati ai vari piani di emergenza si tornerebbe anche a ragionare in termini di sostenibilità del debito dei singoli stati, con possibile aumento degli spread, Il mercato azionario vedrebbe da un lato un miglioramento dei titoli più esposti alla crisi che potrebbe però essere più che controbilanciato da una correzione dei titoli tecnologici;
- prosecuzione della crisi senza una chiara prospettiva di ritorno alla normalità: in questo scenario, dominato da una recrudescenza della pandemia che ostacola in maniera significativa l’avvio della campagna di vaccini, l’azione delle Banche Centrali e dei Governi proseguirebbe ai ritmi attuali ma probabilmente non sarebbe più in grado di controbilanciare la delusione sul fronte delle aspettative, i mercati azionari potrebbero risentirne mentre sarebbero più al riparo i titoli obbligazionari;
- uscita progressiva dalla crisi ma a ritmi più lenti di quelli ipotizzati dalle autorità sanitarie: in questa variante intermedia si raggiungerebbero alcune tappe verso un progressivo ritorno alla normalità, come la vaccinazione di quote crescenti della popolazione, ma si mancherebbe l’obiettivo di raggiungere l’immunità di gregge a fine estate e rimarrebbe la necessità di applicare periodiche chiusure per tenere sotto controllo il contagio. In un certo senso questo scenario potrebbe, paradossalmente, essere il più favorevole alla prosecuzione degli attuali trend perché manterrebbe vive sia le aspettative di miglioramento dell’economia che l’attivismo di Banche Centrali e Governi rappresentando una ideale prosecuzione della fase attraversata negli ultimi mesi.
In ogni caso, nel 2021 diventerà di fondamentale importanza l’efficienza dei sistemi sanitari (nel duplice compito di contenere l’epidemia e portare a termine la vaccinazione del numero più elevato possibile di persone) e la capacità dei “sistemi paese” di operare al meglio in vari ambiti (scuola, trasporti, capacità di investire in modo efficace le risorse assegnate), il tempo della solidarietà verso i paesi più colpiti dal virus potrebbe lasciare spazio ad una fase nella quale vince chi corre più veloce.
Un augurio a tutti i nostri lettori per un 2021 di salute e prosperità
C.G.